Mamma ma perché per andare dai nonni
prendiamo sempre la nave?
Tutto inizia sempre da una domanda. Una
curiosità che si accende all'improvviso, sembra, ma che cova da un
po', il tempo di raccogliere dati, collegarli, vedere cosa manca per
chiudere il cerchio.
Una domanda, si sa, tira l'altra.
L'isola, la Sicilia, lo stretto.
Sulla carta geografica si seguono segni
ancora troppo astratti. Non che non serva, ma non è abbastanza
reale. Verrà conservata, lo so, in una allocazione di memoria fin
quando, poi, un programma che ha bisogno proprio di quella
informazione per poter girare, la scoverà e farà sovrapporre i
segni con la terra che simboleggiano.
E' estate, vacanza, per chi va a
scuola. Un tempo di autonomia come un altro, per noi. Dunque si
parte. Destinazione: il duemari.
Io non ci sono mai stata: dunque è un
viaggio di istruzione anche per me.
È da un po' che durante le attività
quotidiane mi viene da tradurre in scolastichese ciò che stiamo
vivendo. La probabilità di dover sostenere un esame di verifica mi
induce a trovare una cornice adatta (e comprensibile a chi non
condivide la nostra visione) per mostrare che le nostre esperienze
sono apprendimento. Nonostante siano mescolate nella vita di tutti i
giorni e siano sempre divertenti. Nonostante siano l'esatto opposto
della scuola. Anzi proprio per questo, ma non glielo facciamo
notare.
Così da insegnante mi chiedo, tra il
serio e il faceto, e ora che materia stiamo svolgendo?
Credo proverò a tenere un diario.
In questi tre giorni abbiamo (questo è
banale) studiato geografia. Nessuna lezione. Dove andiamo? A Nord.
Orientamento. E quella terra che vediamo cos'è? La Calabria. Si può
andare a nuoto? Quanto è distante? Ci sono gli squali? I pesce spada
ci sono sempre? Li pescano solo qui? Biologia. O nel linguaggio delle
scuole basse, scienze.
Perché lo chiami sempre il due mari?
Oceanografia. Le correnti. Letteratura. Il duemari. Lo Scill'e
Cariddi. Perché io sono qui sulle orme di 'Ndria Cambrìa, con la
testa piena di suggestioni letterarie.
Camminando lungo il profilo della
terra....”Mamma! Ma perché qui non si vede più la Calabria?” È
proprio tutto lì il senso...è questa magia che siamo venuti a
inseguire e forse mi sembra di aver barato un po', io lo sapevo da
prima che andavamo incontro a questo. Ma perché allora ha funzionato
lo stesso? Perché la mia emozione è autentica. Perché sto facendo
una cosa che piace a me; perché esploro per davvero, per il gusto di
esplorare e non perché 'devo mostrargli lo stretto'. E loro dunque
seguono il mio cuore.
Il due mari. Camminando sulla spiaggia,
il corpo ricorderà... la sabbia che diventa gradualmente riva di
sassi, il blu che diventa verde, il freddo gelido che diventa
tiepido. E, a mare, quella linea netta, ben visibile, tratteggiata di
vortici, un susseguirsi di figure di interferenza. Come faceva
Ciccina Circè, di notte, con la sua barchetta, a dimenarcisi, mi
chiedo.
Loro seguono il mio cuore e io seguo il
loro. La loro autentica curiosità e il loro stupore mi fanno infine
affezionare al Pilone (che ci insegna le parole archeologia
industriale, Signora Maestra, e qualche concetto sull'elettricità e
la sua trasmissione) che, se fosse stato per me, non avrebbe
suscitato grande ammirazione. Ma Arturo lo vuol vedere da tutte le
angolazioni, di giorno e con il buio,andarci sotto, vorrebbe
arrampicarcisi, ci si fa fotografare insieme e lo vuol fotografare
tutto, dovendo per questo 'per forza' imparare le leggi della
prospettiva, lottando per un tempo abbastanza lungo con
l'impossibilità di farcelo entrare tutto nella foto, da così
vicino, e risolvendo per fare tre foto che poi vorrà comporre a
casa.
A proposito di foto,il parco letterario
Horcynus Orca ci ha regalato una bella mostra fotografica e una
mostra di arte contemporanea che Arturo e Cosimo hanno preferito alla
sala museale di esposizione permanente che normalmente viene
suggerita come percorso didattico per i bambini (a me invece
l'algario è piaciuto tantissimo). Ma questo già non fa più parte
dei programmi scolastici. Guardar fotografie. Opere d'arte
contemporanee. Solo perché son belle. Senza che ci sia uno scopo.
Educazione all'immagine?
Educazione alla bellezza? Percorso
didattico tra le emozioni? Traduzione di sentimenti?
Così come non potremmo mettere nel
nostro programma scolastico le ore passate a osservar sassi.
Bellissimi. “Orati”, dice Arturo, e siccome non mi chiede di cosa
son fatti (che comunque non saprei rispondere) restano “orati”
perché son veramente magici ed è bello che lo restino. Mentre per
Cosimo quelli bianchi bianchi sono i migliori. E comunque fanno
sorgere un dubbio: “Mamma come si riconosce una pietra focaia?”
Ahimè non lo so... Ma vedo che tra tutte le suggestioni e meraviglie
di questo viaggio l'attenzione di Arturo è in massima parte attratta
dalla voglia di montare da sé la tenda, dal prepararsi da solo un
giaciglio accogliente, da come risolvere pacificamente le nostre
relazioni con le formiche, preservando il nostro cibo.... insomma le
cose serie della vita!
Le cose serie della vita, i giochi, le
favole, le cose di bimbi, Cola Pesce e Scilla che proprio su quella
spiaggetta lì conobbe Glauco e i miei bimbi accolgono la scoperta
con estrema serietà perché le favole son serie.
E su quella bandiera cosa c'è scritto?
No al ponte. Che ponte? Perché?
Tante cose nuove, tra una granita e
l'altra, dopo un giro in giostra e un tuffo a mare. Fluendo insieme a
tutto il resto e facendo sembrare un nulla quello che invece, scritto
qui, sembra un monte di roba. Certo, lo sarebbe, se ci fossimo messi
in testa di impararlo apposta. Ma non ce ne siamo quasi accorti.
Tante domande e osservazioni che non si
possono scrivere tutte. Io quello che ho sperimentato e ho
riscoperto, visto che già ci credevo prima, è l'impossibilità di
dare un ordine al sapere. Discriminare tra cosa è importante e cosa
no. Cosa è degno d'attenzione e cosa di seconda scelta. Dipende, da
me da te, da quando...
E c'è sempre l'imprevedibile, tanto
che, scendendo dalla macchina, al rientro a casa, correndo ad
abbracciare papà, Arturo come prima cosa grida : “Papà! Abbiamo
visto tanti topi!”. Che ahimè è vero e mi risuona dentro quella
domanda a cui non ho saputo dar risposta: “Perché è tanto
sporco?”.